Generatore automatico di precisazioni della Presidenza Consiglio dei Ministri: Silvio non serve più!


Dopo BungleBungle, il motore di ricerca italiano sul caso Ruby e Berlusconi, ecco un altro esempio lampante di come un semplice sito Internet nato da un’idea simpatica possa fare molta più satira di quanto non facciano alcuni grandi nomi dello spettacolo nostrano: Signore e Signori, è arrivato il generatore automatico di precisazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla cena col gruppo dei Responsabili.

Come molti di voi avranno già intuito, si tratta di un generatore automatico di frasi ironiche che ricalca il (purtroppo) vero comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicato qualche giorno fa sul sito governo.it in cui si sono state smentite le presunte performance canore del premier che, secondo quanto riportato da molti giornali, durante una cena con il gruppo dei “responsabili” avrebbe intonato “Se mi lasci non vale” dedicandola a Fini. Eccolo in versione integrale: questo è quello che fa piangere, quelli che fanno ridere vengono dopo.

Wikileaks, nuove rivelazioni sull’Italia e Berlusconi

Come preannunciato nella giornata di ieri, Repubblica e L’Espresso hanno cominciato a pubblicare nuove rivelazioni di Wikileaks riguardanti l’Italia e il suo Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. I nuovi cablogrammi (circa quattromila) riguardano le comunicazioni interne dell’ambasciata USA a Roma e si traducono in oltre 30.000 pagine di “documenti segreti che raccontano l’Italia e i suoi protagonisti” in maniera dura e cruda.

Tra le rivelazioni più “scottanti”, quelle contenute in una lettera dell’ex-ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli (repubblicano, operativo sotto il governo Bush), che durante i suoi ultimi giorni di servizio (febbraio 2009) scrisse al neo-segretario di Stato USA Hillary Clinton definendo Berlusconi come un gaffeur affarista e l’Italia come un Paese in declino.

Wikileaks, presto nuove rivelazioni scottanti sull’Italia. Intanto è stato hackerato il sito del governo


Il rapporto fra Web e istituzioni italiane, notoriamente non fra i più idilliaci del mondo, sta vivendo ore di particolari turbolenze. Tutto è iniziato ieri pomeriggio, quando il sito governo.it è stato messo a dura prova da un attacco DoS che sembra essere stato messo in pratica dagli attivisti di Anonymous, il gruppo di hacker balzato agli onori della cronaca per aver mandato in tilt i siti di Mastercard e Visa nel periodo in cui le due aziende annunciarono il blocco dei conti di Wikileaks (a dicembre).

Ed è proprio Wikileaks l’altra “voce del Web” che sta mettendo in apprensione le già traballanti istituzioni del nostro Paese. In un’intervista rilasciata al TG3, il fondatore del sito, Julian Assange, ha svelato che “nelle prossime settimane, Wikileaks pubblicherà una grande quantità di nuovi scottanti documenti sull’Italia” citando apertamente casi di corruzione e scoop legati al mondo della politica e dell’economia.

Berlusconi vuole censurare Internet per favorire Mediaset, parla Wikileaks (aggiornato)


Berlusconi vuole la regolamentazione di Internet, lo sostenevamo noi in uno dei post più commentati nella storia di Geekissimo, lo sosteneva – a quanto pare – anche l’ambasciatore USA a Roma, David Thorne.

In un cablogramma datato 3 febbraio 2010 comparso ieri su Wikileaks, il diplomatico americano esprime tutta la sua preoccupazione per il tristemente famoso decreto Romani (adesso per fortuna decaduto), che viene definito come “una legge che darà la possibilità di bloccare o censurare qualsiasi contenuto” per favorire le imprese di Silvio Berlusconi rispetto alla concorrenza.

Politica 2.0: Obama non è più tecnologico, Berlusconi va su Facebook e Brunetta gioca con l’iPad

Nel mondo succedono un sacco di cose strane. Può capitarti, ad esempio, di svegliarti un giorno e scoprire che Obama, il Presidente americano paladino della Rete, non sa usare iPod, iPad e le console per i videogiochi, che Berlusconi ha deciso di aprirsi una pagina su Facebook e che Brunetta, il “nostro” Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, si diverte a giocherellare con l’iPad.

La doccia fredda per i geek sostenitori del primo Presidente USA afro-americano è arrivata martedì scorso, quando rivolgendosi agli studenti dell’Università di Hampton, in Virginia, Obama ha asserito che: “Con strumenti come iPod, iPad, Xbox e PlayStation – nessuno dei quali so come far funzionare – le informazioni diventano una distrazione, una forma di intrattenimento, anziché un mezzo grazie al quale arricchirsi ed emanciparsi”.

Certo, nessuno toglie ad Obama il merito di aver saputo sfruttare la Rete per raccogliere consensi, ma quello che abbiamo appena scoperto, insieme al fatto che, per sua stessa ammissione, non sa usare Twitter, ce lo fa “scadere” un po’. È innegabile.

Decreto Romani, indietro tutta

Il pericolo è scampato, la figuraccia internazionale no. Con oltre trenta richieste di modifica, di cui il Governo si è fatto carico, il Parlamento italiano ha espresso parere favorevole sul decreto Romani, quello che voleva equiparare YouTube alle emittenti televisive. Ma le parti riguardanti il Web sono state quasi tutte rimosse.

In un documento di dieci pagine redatto da PDL e Lega, che stabilisce le condizioni a cui il decreto Romani verrà approvato, è infatti possibile scorgere la frase “blog, giornali on line, motori di ricerca restano liberi e la responsabilità editoriale non ricade sui provider che ospitano contenuti altrui”, che di fatto mette la parola fine sulla questione YouTube e censura.

Secondo le nuove disposizioni, dovranno invece registrarsi all’AGCOM (quindi non più al Ministero) e rispettare leggi simili a quelle delle emittenti TV i servizi di video on demand con liste di contenuti che vengono sfruttati commercialmente (es. quelli offerti da Alice di Telecom Italia).

Decreto Romani: censura sì, censura no, se famo du’ spaghi?

Le dirette streaming sono uguali alle dirette televisive, pertanto devono sottostare alle stesse regole, anche se chi le allestisce non è ancora entrato nell’età della pubertà o guadagna in vent’anni ciò che un editore televisivo guadagna durante il solo spot dei Pavesini. E i canali YouTube, che tutti noi possiamo aprire e gestire liberamente? Ovviamente, sono tante emittenti televisive. Devono rispettare le stesse leggi di Rai Uno, Canale 5 e La7 e, se infrangono i diritti d’autore, vanno oscurati immediatamente!

Ecco riassunto in cinque righe l’ultimo scempio videocratico rigurgitato dai nostri governanti, quello che viene ormai riconosciuto universalmente come decreto Romani (dal nome del viceministro alle Comunicazioni, quello che negli ultimi mesi è andato decantando le mirabilie del digitale terrestre in ogni dove) e che, qualora entrasse in vigore, demolirebbe molte delle linee di confine che attualmente separano la “nostra” Rete da quella di Pechino.

La stupidità (più che follia) intrinseca in questo decreto è stata riconosciuta addirittura dall’AGCOM. Il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, ha infatti espresso il suo parere a riguardo dichiarando che: «quello del decreto Romani sarebbe un filtro generalizzato su internet, da una parte restrittivo come nessun paese occidentale ha mai accettato di fare, dall’altra inefficace, perché burocratico a priori».

Bill Gates: “in Cina non c’è tanta censura, e Berlusconi è tirchio”


È un Bill Gates straripante quello che oggi imperversa sulle pagine dei giornali e sui siti Web di tutto il mondo, che dice la sua sulla questione cinese e torna a bacchettare il governo italiano per il poco aiuto offerto ai Paesi poveri.

L’ex CEO di Microsoft, intervistato dal programma della ABC “Good Morning America”, ha dichiarato che se si vuole restare in Cina bisogna seguire le regole di quel Paese: «Occorre decidersi: bisogna rispettare le leggi vigenti nei Paesi in cui si lavora o no? Chi decide per il no – ha continuato Gates – probabilmente non deve far business in quei luoghi».

Entrando nel merito delle censure, poi, il vecchio zio ha lasciato tutti di sasso: «La censura cinese di Internet è limitata e facilmente scavalcabile. Proprio per questo – ha concluso l’arguto Bill – credo sia importante mantenere florido il mercato della Rete da quelle parti».

Arriva il DDL contro Facebook: la montagna ha partorito il topolino? [AGGIORNATO]

Un gruppo di deficienti mette a soqquadro una scuola? È colpa di Facebook. Dei delinquenti non ancora entrati nell’età della pubertà ricattano gli amici con “filmati compromettenti” girati sul telefonino? È colpa di Facebook,non di Corona. Un mentecatto decide di scagliare un souvenir in faccia al Presidente del Consiglio del suo stesso Paese? Indovinate un po’ la colpa di chi è. Di Facebook, ovviamente.

Eccoci quindi costretti a parlare del paventato DDL anti-social network (com’è stato ribattezzato da più parti) che la ‘Villa Arzilla’ che ci governa si appresta a discutere e – visto l’andazzo – ad approvare.

Ad accennare qualcosa sul contenuto del disegno di legge è il Senatore Raffaele Lauro del PDL che, come si legge su TGCOM, auspica l’istituzione del reato di “istigazione e apologia dei delitti contro la vita e l’incolumità della persona, anche tramite Internet e social network”.

Banda larga: Scajola bacchetta Silvio

Di fatti concreti ancora non se ne sono visti, ma il fatto che nel giro di poche settimane ben due ministri italiani abbiano trattato il tema banda larga ci fa ben sperare.

Dopo le esternazioni di Brunetta, il quale ha promesso 2 MB di banda per tutti entro il 2010, il ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, ha iniziato a sollecitare il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, affinché sbloccasse i fondi già promessi per l’annullamento del digital divide ma finora congelati a causa della crisi economica.

Secondo il ministro ligure, basterebbero 800 milioni di euro per dare il là ad un circolo virtuoso che darebbe lavoro a 50.000 persone e agevolerebbe l’apertura di ben 33.000 cantieri. Perché non fare questo piccolo sacrificio?